Il rischio chimico industriale comprende la possibilità che in seguito ad un incidente presso un insediamento industriale, si verifichi un evento quale un'emissione nell’atmosfera di gas o sostanze nocive, un incendio, un'esplosione di grande entità, una nube tossica e/o nociva, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l'attività di uno stabilimento e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l'ambiente, all'interno o all'esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose. La prevenzione
del rischio industriale viene attuata mediante la progettazione, il controllo e la manutenzione degli impianti industriali e il rispetto degli standard di sicurezza fissati dalla normativa. La normativa attualmente in vigore fa riferimento al D.Lgs. n. 238 del 21 settembre 2005, ("Attuazione della direttiva 2003/105/CE, che modifica la direttiva 96/82/CE, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose") che ha apportato modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 334 del 17 agosto 1999, meglio nota come "Seveso 2". L’ambito di applicazione è relativo agli
stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose, quindi, in base al tipo di lavorazione, al tipo di sostanza pericolosa ed alla quantità presente. La normativa vigente definisce gli "stabilimenti a rischio" che comprendono oltre ad aziende e depositi industriali, anche aziende private o pubbliche operanti in tutti quei settori merceologici che presentano al loro interno sostanze pericolose in quantità tali da superare i limiti definiti dalle normative stesse. Inoltre, tali stabilimenti rientrano in diverse classi di rischio potenziale in funzione della tipologia di processo e della quantità e pericolosità
delle sostanze o preparati pericolosi stoccati/impiegati internamente allo stabilimento medesimo.
IL RISCHIO CHIMICO